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Venividiscrissi blog, 18 May 2025 - "Elena Kostioukovitch: my indomitable Kyiv, fortress of Europe"
Elena Kostioukovitch: la mia Kyiv indomabile, fortezza d'Europa
Con "Kyiv, una fortezza sopra l'abisso" racconta la storia millenaria della sua città. Personaggi indimenticabili, l'Europa come obiettivo, la riscoperta della cultura ucraina, una guerra da vincere.

Questa è venividiscrissi, una newsletter su cose viste, provate e apprezzate; a volte interviste, a volte reportage, a volte riflessioni. Storie, viaggi, architettura, serie tv, libri, gli argomenti principali, ma non gli unici.
Oggi un’intervista a cui tengo tantissimo: Elena Kostioukovitch, ucraina di Kyiv, laureata a Mosca e residente in Italia da decenni, mi racconta il libro che ha dedicato alla sua città, che aiuta a scoprire una cultura millenaria, una storia intensa e un popolo indomabile.
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Elena Kostioukovitch è una scrittrice, saggista e traduttrice ucraina, per decenni uno dei ponti tra l'Italia e la cultura in lingua russa. Vive qui dagli anni Ottanta, non ha perso il dolce accento slavo nel suo italiano perfetto ed è la traduttrice di Umberto Eco in russo. Ha scritto un piccolo gioiello che è molto piaciuto anche dalle sue parti: Perché agli italiani piace parlare del cibo. Pochi mesi fa l'ho vista ne La via dei libri di RaiNews, dove ha presentato il suo ultimo lavoro, Kyiv - Una fortezza sopra l’abisso.
Sento l'invasione dell’Ucraina da parte della Russia come una ferita aperta e ho una profonda ammirazione per gli ucraini e per la loro resistenza. Leggere il libro di Elena è stato naturale e mi ha aperto un mondo: si muove tra passato e presente, ripercorre la storia coraggiosa della sua Kyiv, ricostruisce vicende familiari e, soprattutto, rivela la riscoperta della cultura ucraina, cancellata dalla colonizzazione russa. Elena scopre persino la lingua ucraina, che non ha mai parlato, e lo fa con parole cariche d'amore. Per me è davvero emozionante che abbia accettato di raccontarmi il suo libro.
- Quando ha deciso di scrivere Kyiv – Una fortezza sopra l'abisso?
Il 24 febbraio 2022, quando la Russia ha invaso l'Ucraina. Sentivo che dovevo spiegare la città e la sua storia. Prima ancora avevo scritto Nella mente di Vladimir Putin, un libro di analisi semiotica, per cercare di capire la sostanza del suo folle comportamento.
- Nelle prime pagine del suo libro lei descrive la posizione geografica di Kyiv, difesa verso est da una scarpata sul fiume Dnipro e aperta verso occidente dalla pianura. "L'Europa si è sempre sentita a casa" commenta. In molte pagine sottolinea come gli ucraini siano sempre stati attratti dal mondo russo: la lingua russa era quella della cultura, gli studi importanti erano a Mosca. Quando hanno capito che l'Europa era il destino?
È una bella domanda e dobbiamo tornare alle origini di tutto questo, alla Rus' di Kyiv, nel Medioevo. Allora Mosca non aveva alcuna rilevanza geopolitica, mentre le principesse di Kyiv si sposavano con i sovrani europei: Anna Jaroslavna sposò Enrico I di Francia nel 1051. La Rus' di Kyiv intratteneva inoltre solidi legami economici con Bisanzio, che poteva essere raggiunta attraverso il Dnipro. La Moscovia compie un altro percorso, mantiene i legami con il khanato dell'Orda d'Oro e guarda alle popolazioni siberiane. Ivan il Terribile, nel XVI secolo, si proclama zar, una figura inesistente prima di lui e ben lontana da quello che stava succedendo a Kyiv, che manteneva stretti rapporti con l'Europa, la Polonia, la grande Lituania.
- Quindi, quando, dopo l'indipendenza del 1991, l'Ucraina è tornata a guardare all'Europa, ha ripreso il suo percorso naturale.
Sì, ma non bisogna dimenticare un'altra fase, che ho raccontato nel libro, l'indipendenza dell'inizio del Novecento, prima dell'arrivo dei bolscevichi. Racconto della presenza della zarina a Kyiv perché lei fa di tutto per impedire lo scioglimento dell'impero; se la monarchia si fosse salvata, nessuno avrebbe potuto staccarsi dalla Russia, né i baltici, né gli asiatici e ovviamente meno che mai l'Ucraina, perché l'Ucraina è sempre stata considerata lo Stato più grande, più bello e più simile alla Russia. Davvero la Russia non si considera completa senza l'Ucraina.
- Un affetto però non ricambiato.
Assolutamente no! I russi non riescono a immaginarsi senza l'Ucraina, ma sono gli ucraini che si immaginano senza la Russia. L'unica cosa che vogliono è che i russi stiano il più lontano possibile da loro.
- Nel libro lei affronta la complessità di Kyiv, si muove su più piani temporali, descrive diversi personaggi storici, dalla zarina Marija Fëdorovna a Mikhail Bulgakov, racconta i drammatici assedi subiti, il massacro degli ebrei a Babij Jar, durante la Seconda Guerra Mondiale, le figure gentili e cariche di dignità dei suoi nonni. Davvero un racconto corale e complesso: dove ha trovato l'equilibrio per mettere tutto insieme? E qual era l'immagine che voleva dare della città?
Quando si inizia a scrivere un libro come questo, che unisce ricordi personali e storia, si sa dove si inizia, ma non si sa dove finisce. Ho parlato di una città che non conosco quasi, che conosco sì benissimo ma in un modo onirico come quando uno sta vedendo un sogno. Ho lasciato Kyiv a 12 anni per trasferirmi a Mosca con la famiglia, ho capito tante cose perché vivevo con i miei nonni e loro mi parlavano come se fossi una piccola adulta. Ma c'era la sfida di Mosca, bellissima, con tante cose da fare. Ho dovuto studiare per entrare all'università, mi sono laureata, ho iniziato a lavorare, a tradurre, a vedere la gente, a fare ricerca. Kyiv non era importante per me; i miei colleghi notavano le mie origini kyiviane semplicemente perché il mio russo era più classico di quello parlato a Mosca o a San Pietroburgo. Come tanti ucraini ho riscoperto Kyiv adesso e sto scoprendo la sua cultura, che ci è stata negata, e lo stesso ucraino.
- Su twitter e bsky seguo molti profili di giovani ucraini impegnati a far capire come i russofoni siano ucraini, cioè non è che siccome parli russo sei russo. Alcuni profili spiegano anche come l'uso del russo sia parte della colonizzazione fatta dalla Russia, di cui loro stessi si stanno rendendo conto adesso, con la guerra. L'invasione come strumento anche per riscoprire la propria identità.
Le confermo tutto e aggiungo solo che è una situazione particolare, veramente molto interessante, perché Kyiv nei miei ricordi è una città russofona, il cui russo è addirittura migliore di quello di Mosca. Da lì esce Bulgakov, con il suo splendido vocabolario e il suo fantastico modo di scrivere. L'Ucraina non la sentivo, sì, sapevo che chi voleva educare i figli nello stile ucraino, più nazionalista, incontrava moltissime difficoltà, ma allora mi sembravano problemi irrisori. Mi dicevo che senso ha tutto questo ucrainismo, perché io ero parte della cultura imperiale. Io dicevo, la cultura russa è talmente fantastica e bella, che senso ha chiudersi? Però noi non conoscevamo neanche le opere più belle della nostra cultura, libri, quadri, musica, ci sono stati negati, tanti artisti che rappresentavano la cultura ucraina sono stati zittiti, messi in prigione.
- Lei ha scoperto l'ucraino da adulta, negli ultimi anni. Cosa significa conoscere la lingua del proprio Paese da adulta, quali sentimenti ci sono, non avendola appresa come i bambini, ma avendola voluta?
Penso che la stessa sensazione piacevole, intima, che può sentire per esempio una persona, una donna, che dopo un matrimonio fallito ritrova il primo fidanzatino del liceo, si mette con lui e si sente felice. Io sento questa profonda dimestichezza con l'ucraino, ho la sensazione di conoscere tutte le sfumature, di poter scherzare, o almeno capire benissimo gli scherzi e anche gli accenti. È davvero come il primo ragazzo del liceo che torna da te con tutti i ricordi insieme e tu adesso più matura, più libera, più consapevole, torni a questa unione.
- Nel libro accenna anche a una richiesta che leggo spesso sui social: l'uso dei caratteri latini al posto del cirillico, per ancorare anche la lingua all'Europa. Lo trova fattibile?
Se ne parla troppo poco, ma devo dire di sì, che in Ucraina se ne parla davvero. Il passaggio alla grafia latina non sarebbe affatto una stranezza, noi abbiamo fortissimi legami con la Polonia e la Polonia scrive con caratteri latini. Diverse repubbliche asiatiche ex sovietiche hanno lasciato il cirillico. È un passaggio politico, ovviamente, e prima l'Ucraina lo compie prima saluterà definitivamente la Russia.
- Si può parlare di una letteratura ucraina in russo?
No, non penso. Bulgakov, che cito nel libro, era solo nato a Kyiv, ma non era ucraino, apparteneva a una famiglia russofona, non voleva sentir parlare ucraino, non pensava ci fosse alcun valore nella cultura ucraina. Io mi ricordo benissimo che noi a casa eravamo convinti che l'Ucraina non avesse niente, nel senso che pittori non ci sono, attori non ci sono, artisti non ci sono, c'era questa strana sensazione. Bulgakov è di questo tipo, quindi lui non si considera ucraino. È una situazione interessante, molto complessa.
- Una cultura da ricreare in lingua ucraina?
No, non da creare, da scoprire. E non appena è stato possibile l'abbiamo scoperta: per secoli l'impero zarista e l'Unione Sovietica ne hanno impedito la diffusione. C'è una letteratura ucraina molto bella, che ha stretti rapporti con l'Europa: ci sono testi del XX secolo che hanno legami con Brecht, i simbolisti francesi, semplicemente non lo sapevamo, tutto veniva soffocato. Adesso si inizia a parlare della traduzione in altre lingue ed è una cosa da fare, perché bisogna far conoscere la ricchezza culturale dell'Ucraina.
- Un'ultima domanda. Proiettiamoci a quando Kyiv sarà di nuovo in pace. Il primo posto che dovremmo visitare per scoprire l'anima di questa città.
La Filarmonica Nazionale. Lì sono nati i migliori musicisti sovietici, non ucraini, sovietici, e lì hanno suonato tutti. Ancora adesso continuano a suonare, hanno suonato persino quando non c'era l'elettricità e i musicisti avevano le luci in testa, come i minatori, per poter leggere gli spartiti. Ed è un edificio molto bello, in un parco meraviglioso. Un ottimo posto per iniziare a conoscere Kyiv.