Premio Penne Mosca, Penne. 29/30 novembre 2001,
"Baudolino tra Prete Gianni e Ivan Lo Scemo. Previsioni per una traduzione non ancora pubblicata."
In Russia la storiografia sembra inventata da Baudolino
Note in merito all’imminente pubblicazione in Russia di Baudolino
Di Elena Kostioukovitch
Sono alla fine della traduzione in russo di questo quarto romanzo di Eco, il settimo libro di Eco da me tradotto, e mi chiedo: in quale modo sarà recepito dal pubblico russo? Probabilmente con entusiasmo. Basta vedere quante recensioni sono state pubblicate, quante copie sono state vendute dei primi tre romanzi. Solo di Il nome della rosa le tirature superano un milione. Quant’era numeroso il pubblico alle presentazioni e alle conferenze di Eco a Mosca e San Pietroburgo! Per non parlare dell’enorme valanga di recensioni, interventi e discussioni in chat lines su Runet (l’Internet russo).
Ma ricordo però alcune reazioni molto particolari, per esempio quelle che accompagnarono l’uscita di Il Pendolo di Foucault. Il Pendolo diventò la nuova Bibbia dei diabolici russi! Tutti i temi esoterici che Eco aveva citato, cui aveva fatto riferimento magari a mero scopo stilistico o esornativo, furono estrapolati dal contesto e dalla trama dai diabolici (neotemplari, seguaci di Madame Blavatsky, cultori delle messe nere), e con terrificante serietà!
In Russia un testo scritto è testo sacro; e quando ha la dignità di stampa, subito si imprime nell’immaginario collettivo. I templari russi non avranno creduto ai loro occhi nel disporre del magnifico materiale occultistico involontariamente "pubblicizzato" da Umberto Eco.
Ricordandomi questa esperienza, torno alla domanda iniziale e cerco di intravedere il pattern mentale che accoglierà Baudolino, un pattern formato in base a correnti di pensiero filosofiche e storiche che sono sempre esistite, ma che ultimamente godono di massima fama nel milieu intellettuale russo. Parlo dell’inclinazione degli storici russi a mitizzare la sorte del loro Paese, a vergere verso il misticismo, a tendere a una visione nazionale e romantica, a reinterpretare la cronaca in chiave simbolica. Insomma: parlo di quel mix di rivelazione storica e fiaba romantica che ha sempre goduto in Russia di notevole successo persino tra le persone di una certa istruzione. Questo fenomeno deriva innanzitutto dall’inattendibilità della memoria ufficiale, e (seconda causa, conseguenza della prima) dalla grande moda delle interpretazioni dietrologiche con ulteriore aggiunta di misticismo, magia, spiegazioni complottistiche.
Infatti, nella realtà nazionale russa, da sempre è scarsissima la fiducia nei confronti di ciò che è informazione ufficiale. Almeno così è stato nelle epoche passate. Le statistiche non erano mai attendibili. Nessuno credeva che i dati potessero essere veri. Tutti sapevano di segrete e tacite omissioni riguardo a fatti e persone, era noto che i dati venissero falsificati in funzione del comodo ideologico, politico o pratico; e molte volte alterati a posteriori .
Numerosi sono gli aneddoti del periodo sovietico che raccontano tale rimaneggiamento della Storia. Sappiamo come i censori del regime facessero scomparire intere pagine dalle enciclopedie, inviando nelle biblioteche statali e nelle case private nuovi "voci", da incollare sopra le pagine originali. E sempre comunicando il numero della colonna e la collocazione, mai il soggetto. In base alle ultime disposizioni del partito il soggetto censurato diventava tabù, innominabile.
In alcune copie della Grande Enciclopedia Sovietica del dopoguerra c’è una voce assai corposa dedicata alla Zelenaja, Ljagushka obvyknovennaja - cioè "rana verde comune", citata assurdamente sotto la Z di zelenaja (come dire la V di "verde"). È stata incollata al posto della voce Zelenin, Vladimir - il medico curante di Stalin che fu processato durante la caccia alle streghe dell’inizio degli anni Cinquanta. La "verde rana" venne spedita agli abbonati pochissimi giorni dopo l’arresto dell’accademico.
Quando Krusciov fece fuori l’onnipotente capo della polizia politica, Lavrentij Berija, nelle case degli abbonati della stessa enciclopedia arrivò un plico contente la voce Bering, stretto di: un toponimo che indica uno sperduto punto sulla mappa del Mare del Nord...
Insomma, l’ha detto anche Eco nel suo romanzo: "Baudolino era scandalizzato dall’idea che al mondo potessero essere falsari di tal fatta"...
Esistono ricerche molto complete che analizzano metodologie della deformazione della memoria. Sono state anche allestite mostre di fotografie manomesse, truccate per far sparire i volti dei nemici del popolo dalle immagini pubbliche. Tra le foto più note figura, ad esempio, quella di Lenin che porta sottobraccio un enorme tronco d’albero: altri cinque uomini, che sostenevano il peso, sono stati, uno dopo l’altro, gradualmente cancellati. Un’altra foto mostra uno Stalin gigantesco a fianco di un Lenin nano, fotomontaggio di due ritagli fatti con due scale disuguali.
A Mosca ancor oggi il monumento a Chajkovskij accarezza il vuoto: quando dall’Occidente giunsero rivelazioni sulla pederastia del grande compositore, l’angioletto raffigurato accanto lui è stato rimosso per disposizione del Politburo.
In tutto il periodo sovietico il popolo russo fu sempre incline a credere che la propria vita e il proprio habitat avessero dei risvolti "occulti", debitamente formulati e diffusi in forma ufficiosa.
Eccone alcuni:
--- sottoterra a Mosca esisteva un’altra città parallela, collegata alla metropolitana, che doveva fungere da rifugio antiatomico per gli eletti; i quali, presenti in ogni impresa o istituzione, conoscevano gli ingressi segreti della città nascosta, ma non potevano assolutamente rivelarlo ai colleghi;
--- la composizione chimica del burro prodotto e distribuito dalle fabbriche statali della Russia brezneviana, nonché la sua ricetta stessa, erano il top secret di Stato ;
--- dappertutto c’erano laboratori segreti; nella taiga esistevano città misteriose senza nome, contrassegnate solo da sigle numeriche; addirittura persone ;
----- in certi quartieri di Mosca l’inquinamento radioattivo superava centinaia di volte i livelli di allarme. Ma era vietato controllarlo, proibito possedere e importare contatori geiger, li requisivano alla dogana.
È impossibile distinguere qui la verità dalle solite leggende metropolitane. Ma bisogna dire che molti elementi di questo delirio reggono ai controlli storici. Ricordiamoci che la Russia ha scoperto di vivere in piena Cernobyl solo il 4 maggio 1986, a distanza di una settimana dallo scoppio nella centrale atomica (26 aprile 1986), e solo grazie al fatto che in Svezia erano apparse le segnalazioni di allarme nucleare! Il regime sovietico stava già finendo, ma i meccanismi di menzogna funzionavano in base ai vecchi codici. Di più: lo stesso fatto si è ripetuto anche nel 2000, nei giorni della tragedia del sommergibile Kursk.
Quindi, la tendenza dei russi a reinterpretare i fatti storici, anche molto conosciuti, proviene dalla convinzione che è inutile voler chiarire lo svolgimento reale della Storia: troppo grave è l’alterazione che la memoria storica ha subito, subisce e subirà.
Secondo motivo, più valido addirittura del primo, è radicato nel particolare atteggiamento mistico nei confronti della Storia, nell’atteggiamento idealista che fa parte dell’indole nazionale e della tradizione popolare russa. Il misticismo caratteristico degli slavi è stato abilmente sfruttato da tiranni e governanti statali. Ricordiamo il misticismo degli ultimi zar e di Rasputin. Ricordiamo la leggenda del vegliardo "Fedor Kuzmich", filosofo popolare del diciannovesimo secolo (un Solzhenicyn ante litteram): la fama popolare diceva che fosse nientemeno che lo zar Alessandro Primo, considerato morto, ma in realtà fuggito per meditare nei boschi siberiani dopo aver abdicato in incognito. Su questo soggetto scrisse alcune pagine molto serie e passionali il grande Lev Tolstoj.
Ai tempi di Caterina Seconda, nel tardo Settecento, un contadino, Pugacev, riuscì a raccogliere un forte esercito dichiarando di essere marito della zarina, notoriamente fatto uccidere da quest’ultima. Pugacev sosteneva di essere l’autentico sovrano Pietro Terzo. Per comprovare la sua dichiarazione mostrava sul petto nudo un neo sul cuore. Il neo bastava per convincere i titubanti. Parimenti anche il carisma di Gorbacev, nel periodo tardo sovietico, dipendeva in buona parte dalla sua voglia sulla testa, "il marchio divino", contrassegno di esclusività.
Queste idee si basano su una sorta di realismo magico quasi di stampo latinoamericano, sulla convinzione che il fatto storico si compie in eterno e torna sempre a ripetersi. Si diminuisce in questo modo l’importanza della cronologia, si ingigantisce invece il ruolo delle analogie, della ricerca del precedente e del collezionismo di coincidenze.
Diversi zar russi fondarono le proprie "campagne promozionali" sul precedente. Ivan il Terribile uccise il proprio figlio, Ivan anch’egli; riuscì a trovare una giustificazione paragonando il proprio gesto con quello di Abramo che sacrifica Isacco. A distanza di un secolo e mezzo da questo episodio un altro illustre sovrano russo, Pietro il Grande, condannò a morte il figlio Alessio, e assistette alle indicibili torture che gli furono inflitte. Giustificandosi in un testo scritto, Pietro filosofeggiò su quello che a parer suo fu un enorme sacrificio, di cui solo uno zar può essere capace: infatti il suo grande predecessore, Ivan il Terribile, gli avrebbe mostrato un esempio di abnegazione uccidendo di propria mano la sua creatura...
Passarono altri due secoli, e Iosif Stalin si rifiutò di salvare il proprio figlio Jakov, prigioniero dei tedeschi, autorizzando di fatto la sua uccisione: in questa occasione fece echeggiare nella memoria dei "sudditi" quei precedenti storici che furono i delitti di Ivan e Pietro, ordinando ad Aleksej Tolstoj un bellissimo romanzo storico, Pietro il Grande, allo scrittore Kostylev una saga in cinque volumi che osannava il regno di Ivan il Terribile, e, finalmente, spingendo il geniale regista Sergej Eisenstein a realizzare il suo film Ivan il Terribile, parte Prima e Seconda.
In realtà in questo contesto Stalin si fece uguagliare non solo ai precedenti storici, ma addirittura al simbolo primario del tema , cioè direttamente a Dio Creatore, sfruttando lo stesso paragone citato in precedenza da Ivan il Terribile. A Stalin non dispiaceva affatto quando negli encomi poetici gli adulatori del regime lo chiamavano direttamente Dio Pantocrator:
"Ogni anno in ottobre e in maggio
Si presentava a noi come pietra di paragone
Con braccio eretto
Uguale solo a Dio Onnipotente"
Stalin Domineddio e insieme Stalin demonio... E lui appositamente creava una certa atmosfera stregonesca con tanti riferimenti alla magia nera, pregiudizi, scaramanzie, evocazioni.
Si sa dell’esistenza di riti esoterici tra camerati nella Germania di Hitler. Stalin esasperò questa tendenza. Molti processati durante le purghe staliniane venivano incolpati del delitto di avere scavato nelle fotografie gli occhi ai capi del partito, di avere distrutto le loro effigie oppure - accusa ancor più demenziale - di avere troncato il nome di Stalin in un testo scritto, sillabandolo per andare a capo.
Nella demonologia popolare dell’epoca della sua monocrazia Stalin deve l’aura diabolica anche a certe sue anomalie fisiche (sei dita al piede sinistro, braccio sinistro atrofizzato, butterature sul viso). Alcune leggende lo raffiguravano come Anticristo o il Sommo Peccatore leggendario, descritto da Gogol’ e Dostoevskij: ambedue i personaggi nascevano da madre prostituta, e Stalin pure, stando alla tradizione popolare. Lui stesso divulgava pettegolezzi del proprio incesto con la figlia Svetlana. Cercava di convincere la moglie Nadezhda Allilueva che lei fosse non solo sua sposa, ma anche sua figlia (e non si può escluderlo del tutto, visto che da giovane lui ebbe una storia d’amore con la madre). La poveretta, ridotta all’isteria, vittima di depressione, si suicidò (oppure fu assassinata, proprio dal marito, come insinuò qualcuno).
Il motivo ricorrente degli incesti, veri o falsi, per noi sono un’altra dimostrazione dell’intento di Stalin di presentarsi come una creatura demoniaca. Si divertiva firmando gli articoli con lo pseudonimo Besoschwili (che è il suo patronimico georgiano), giocando sull’assonanza di Beso, diminutivo del nome proprio Vissarion, e Bes, che in russo vuol dire "diavolo".
La tendenza a barare continuamente con la storia creava una costante incoerenza nelle direttive e indicazioni del partito comunista sovietico, lo dicono le memorie di molti ex comunisti bene informati, come quelle dell’ex ambasciatore sovietico in Grecia, fuggito nel 1937 in Occidente, Aleksandr Barmin, dell’ex dirigente dei comunisti tedeschi Ruth Fisher, oppure di scrittori disillusi dal comunismo come Arthur Koestler e Victor Serge. Molti si chiedevano come mai l’ideologia comunista subisse tante brusche svolte, e per giunta tanto spesso; e concludevano che non era mai possibile indovinare la prossima svolta. Così nasceva quell’umorismo nero, umorismo da galera, che ha marcato notevolmente lo stile della letteratura dell’Est Europeo. L’impossibilità di fidarsi del presente e del passato generava uno speciale cinismo storico, che si è anche rafforzato dopo l’inizio della democratizzazione, cioè nell’ultimo decennio.
Umberto Eco in alcune interviste dà sfogo a un sano relativismo e possibilismo nei confronti della Storia. Esprimendosi, come sempre, in modo sottilmente ironico chiede: "E se la storia del Big Bang fosse tanto fantasiosa quanto quella della teoria gnostica secondo la quale l’universo fu generato da un lapsus del demiurgo maldestro? In un certo momento storico", continua Eco, "alcune persone considerarono l’ipotesi che il sole non girasse intorno alla Terra, idea folle e deplorevole quanto quella che l’universo non esista. Faremmo dunque bene a tenere la nostra mente aperta e pronta per il momento in cui la comunità degli scienziati annuncerà che l’idea dell’universo è stata solo un’illusione, proprio come l’idea di Terra piatta dei Rosacroce. Dopotutto, il primo dovere di una persona colta è essere sempre pronta a riscrivere l’enciclopedia".
Sappiamo ora a cosa è arrivata la comunità delle "persone colte" in Russia, riscrivendo (come proponeva, ma ironicamente, Eco) "l’enciclopedia a modo loro".
Fin dal 1994 in Russia, prima presso la casa editrice dell’Università di Mosca, e poi presso vari editori, escono opere di ricerca storica scritte da un celebre matematico, specialista in topologia e fisica matematica, l’accademico Anatolij Timofeevich Fomenko (n. 1945), e dai suoi allievi. Al giorno d’oggi le tirature complessive di queste pubblicazioni hanno superato i cinque milioni di copie, e il catalogo delle opere storiche di Fomenko annovera oggi una ventina di titoli. Il Google russo elenca per "Accademico Fomenko" 4213 siti, e per il suo metodo, "Cronologia Nuova", 1216 siti.
Le idee di Fomenko sono difese a spada tratta da varie personalità di spicco. Il sostenitore più rinomato è l’ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov con il suo famoso articolo "Lo scaccomatto alla Storia tradizionale".
La teoria è ardita, e capovolge tutte le tradizionali certezze che riguardano la Storia mondiale. Lo si vede già dalla prima pubblicazione di Fomenko, Nuova Cronologia, in cui l’autore dichiara che tutti i metodi scientifici di datazione, per esempio il metodo del carbonio sarebbero "basati sulla menzogna". La cronologia tradizionale non è altro che frutto di una falsificazione settecentesca, voluta da monarchi europei disonesti, intesi ad offuscare il vero ruolo degli slavi e della Russia nella storia universale! Fomenko si presenta come colui che rimedierà a questa enorme ingiustizia, colui che dedicherà tutta la vita all’elaborazione di una vera cronologia scientifica, fondata su metodi computerizzati matematici, astronomici e linguistici.
Già all’inizio della ricerca, i risultati a cui arriva la brigata di Fomenko hanno dell’inverosimile. LE EPOCHE STORICHE PRECEDENTI ALL’ANNO MILLE NON SAREBBERO MAI ESISTITE. Svolgendo un’analisi astronomica alternativa, l’accademico svela "l’enorme inganno" dell’Almagesto tolemaico, liquidato come un ammasso di contraddizioni che inquinarono tutta la cronologia moderna! In base a una revisione delle coordinate degli astri e di corpi celesti , Fomenko afferma che il catalogo tolemaico fu composto nel Medioevo, e che la cometa di Natale pulsò in realtà nel 1054, vero anno di nascita di Gesù. A riprova del fatto che Gesù, in base a molti indizi, è "la medesima persona che il papa Gregorio Settimo (Hildebrand)". Con questo approccio revisionista, Fomenko scopre che tutti i documenti storici giunti fino a noi NARRANO EVENTI DEI SECOLI DALL’UNDICESIMO FINO AL VENTESIMO SECOLO. La cronologia della storia europea, che risale a Scaligero e Petavius, è simile a un disco rotto, ripete quattro volte lo stesso motivo. Qualsiasi testimonianza storica che risalga a un periodo anteriore all’undicesimo secolo per il professor Fomenko è fasulla, in quanto parafrasa, retrodatandoli, episodi della storia del millennio appena trascorso. Di conseguenza non è mai esistita l’antica Roma, in realtà nome alternativo di Bisanzio... eccetera eccetera. Vien fatto di pensare a una burla, ma Fomenko parla seriamente. E procede oltre.
A parte le verifiche astronomiche, lo scienziato investiga su quello che lui chiama "parallelismo storico". Gli basta trovare qualche piccola analogia nella descrizione di due fatti, di due personaggi, per concludere che si tratta della medesima realtà. Così arriva a dichiarare che Costantinopoli e Samarcanda sono la stessa città che si trova sul Volga e si chiama oggi Samara; che la Palestina biblica era situata in Italia; che Sodoma e Gomorra sono Ercolano e Pompei... Alessandro Magno per Fomenko sarebbe in realtà Maometto, per giunta vissuto nel XV secolo. Il paese nordico conquistato da Giulio Cesare non era la Britannia, ma l’antica Russia...
I parallelismi delle biografie dei personaggi storici, secondo l’opinione di Fomenko, non lasciano spazio a dubbi. Il principe di Mosca Ivan Terzo (XV sec.), salendo sul trono, assunse il lungo titolo di "Principe per Grazia Divina di tutte le Russie". Fomenko travasa "per Grazia Divina" in greco (alquanto scarso, come d’altronde tutta la sua erudizione): ecco, suona come Teodoro! Intanto il figlio del nostro, il principe Ivan il Giovane, va a regnare in Inghilterra (possibile!?). Si presenta agli inglesi come Ivan Rex, che in inglese suona precisamente Henry, e poi dichiara che è salito sul trono per Grazia Divina, e quindi risulta Teodoro: questa, per Fomenko, è l’origine del suo nome, Henry Tudor (Enrico Ottavo). L'ipotesi è confermata dall’ultima prova schiacciante: quando Henry Tudor sbarcò sulla riva inglese, aveva con sé un compagno, o un parente, John Gaunt (così narrano cronache europee), ma solo noi russi siamo capaci di comprendere di suo padre, Ivan il Grande, che viaggiava in incognito... in inglese è così facile confondere Gaunt con Giant!
Ribadiamo che non è una burla, non si tratta di umorismo accademico. Fomenko fa sul serio. E insiste, imperterrito... Ivan Terzo (il "padre di Henry Tudor") regnava in Francia sotto il nome di Carlo Settimo. Così riuscì a unire le due corone, quella russa con quella francese, e non a caso suo nipote (nato in Russia) ricevette il nome Demetrio, che in greco significa "due corone". Siccome il nome Arturo proviene dal greco "unione", Fomenko giunge alla conclusione che il mitico re Artù è "Demetrio figlio di Henry Tudor"... Intanto, insiste il matematico, Ivan il Grande fu eletto papa e rimase nella Storia come papa Alessandro VI (nome secolare Rodrigo Borgia). Alcuni lo chiamavano amichevolmente "Absburgo", dal tedesco Hauptsburger, "governante della città" (di Dio, ovviamente...). Nel frattempo Ivan il Giovane ereditò la corona francese sotto il nome di Luigi Dodicesimo!
Nel panorama allucinante che l’accademico dispiega nei suoi numerosi articoli e libri, di Ivan il Terribile non ce n’è uno solo ma... quattro! Uno di loro morì giovane, il secondo fuggì nei boschi siberiani e divenne famoso come "il Beato Basilio" e a lui sarebbe dedicata la bella chiesa di san Basilio nella Piazza Rossa. Il terzo rimase nella Storia come il re inglese Edoardo Sesto, morto anche lui in giovane età. Il quarto regnò in Russia, dove emigrò dall’Europa, anzi ci fu spedito dai cardinali cattolici, in base alle disposizioni del Concilio di Trento. Questo infiltrato si sostituì abusivamente al legittimo Ivan il Terribile e, appena salito al trono, si manifestò molto cattivo. Cattivo, di carnagione gialla, tutto calvo: cosa aspettiamo? Ma è chiaro che siamo di fronte al re spagnolo Filippo Secondo, marito di Maria Tudor! È proprio lui il sovrano che uccise suo figlio. La storia spagnola continua a chiamare questo figlio Don Carlos, e lo conosciamo come protagonista di varie opere dell’arte e della letteratura europea.
Approfondendo con i propri allievi (si tratta ormai di una trentina di seguaci che pubblicano articoli e libri) anche l’analisi linguistica (altrettanto farsesca!!) Fomenko dichiara che i Franchi erano originari di Frachia. Achille si traduce "colui che lottava contro i Galli" (A-Gallo). Va da sé che la guerra di Troia non c’è mai stata, e i poemi omerici, scritti nei secoli Quattordicesimo e Quindicesimo dopo Cristo, raccontano le faccende delle spedizioni dei Crociati, capeggiati dai francesi (e cioè Galli; sono loro, e non i Troiani, gli avversari dell’A-Gallo).
Non vengono risparmiate da questa follia revisionista nemmeno le Sacre Scritture. Fomenko proclama che i Vangeli sbagliano a far morire Gesù Cristo crocefisso sul monte Golgota. Ma che errore! Cristo fu ucciso da Galati (Giudei), come indica Paolo nella sua Lettera ai Galati, e questo avvenne a Costantinopoli, nel posto chiamato Gul Gata, la Porta d’Oro, dove fino a oggi si è conservata la torre di Galata (la torre genovese) e dove è stato costruito un mausoleo per Giosuè (così chiamato per un antico disguido fonetico, che è ora finalmente correggere, riportando questo nome alla forma giusta: Gesù). L’apostolo Paolo, un giudeo il cui vero nome era Saulo, aiutò i Galati a crocefiggere Gesù. Compiuto il delitto, Paolo, d’accordo con un suo accolito, a noi noto come Luca l’Evangelista, scaricò la colpa su Giuda. Il vero traditore fu Paolo. E similmente sono traditori e persone infide tutti i papi di nome Paolo, a partire da Paolo Terzo che convocò il Concilio di Trento, per finire con il papa attuale Giovanni Paolo Secondo, che per salvare l’immagine della Chiesa cattolica sta cedendo su tutte le posizioni. Presto rinuncerà persino ai dogmi cattolici, pur di ottenere il permesso di visitare la Russia (il suo sogno...)... e così sarà posta fine alle discordie dolorose tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa russa! Entro breve tutti i cattolici si ribattezzeranno ortodossi!
Nella logica malata di Fomenko, come in tanti altri maniaci della revisione storiografica, primeggia sempre l’affermazione della supremazia della propria nazione. Indagando in tutti i modi sull’etimologia del nome "Russia", Fomenko dichiara trionfante che in lingua veterotedesca ross è l’attuale Reuter ("cavaliere"); ne deduce che i russi-rossi in antichità erano tutti cavalieri, nomadi, e quindi tutti i Mongoli e i Tartari dell’impero di Gengis Khan apparterrebbero in realtà all’etnia russa.
Infiammato dalla passione, Fomenko dichiara che agli albori della nostra era, cioè dall’anno Mille fino al XVI secolo, in Eurasia esisteva un impero colossale con la prima capitale Costantinopoli e la seconda capitale Kiev! L’impero era popolato prevalentemente dalle etnie russa e turca e con un vigoroso esercito composto a metà dai Tartari e a metà dai Cosacchi. Poi l’impero si divise in due parti: quella occidentale con capitale Avignone e quella orientale con capitale a Mosca, ossia "terza Roma". Roso dalle discordie, l’Occidente continuò nel degrado e nella disintegrazione, mentre l’Oriente riuscì a mantenere l’integrità, con un’unico incidente di passaggio rappresentato dal distacco della Cina, diventata talmente aggressiva che si dovette metterla in disparte. Per tenerla buona, fecero costruire dai Cosacchi e dai Tartari la famosa Muraglia cinese.
Astutamente i regnanti di quell’Occidente chiassoso e frammentato si misero d’accordo con i Romanov, una dinastia di veri impostori e falsari di stirpe tedesca, e con la loro complicità, riuscirono a falsificare tutti i libri di Storia, retrodatando i fatti e inventando per l’Occidente un passato glorioso, e cancellando al contempo il passato dei russi. In tal modo fu inculcato ai russi un complesso di inferiorità che segnò poi tutti gli eventi della storia moderna e contemporanea. Ora finalmente si ripristina la giustizia. Le ricerche del geniale matematico Fomenko sono chiamate a porre fine all’umiliazione storica del "grande popolo russo"....
Va comunque precisato, parlando di Fomenko e dei suoi accoliti e protettori in Russia, che non tanto è notevole il punto di paranoia a cui possono arrivare i disgraziati ai quali Iddio toglie la ragione. Ma è rimarchevole quanto sia forte la sindrome di revisione, questa cerebellite nervosa che contagia persino le persone all’apparenza normali... Ricordiamoci che il rettore dell’Università di Mosca Sadovnichij dà a Fomenko il suo pieno appoggio. La Fondazione russa delle Ricerche Fondamentali (l’analogo del CNR italiano), patrocinata personalmente dal Presidente Putin, offre all’accademico Fomenko una forte sponsorizzazione: dei grants di ricerca. E pende la minaccia che le farneticazioni di Fomenko possono persino fare parte dei programmi di studio della scuola d’obbligo!
Per giunta, persino tra quelli che polemizzano con Fomenko non mancano sospetti complottistici. "Quali sono le forze oscure che imbastiscono questa beffa gigantesca e che tirano Fomenko per i capelli all’Olimpo scientifico dei matematici?"- chiede nel suo articolo l’accademico Novikov, il capo ed ex insegnante di Fomenko, segretario del dipartimento di matematica dell’Accademia delle Scienze, persona razionale ed equilibrata. Eppure non fa che chiedere: ... - Cui prodest? Cui bono? C’è per caso un complotto?
Recentemente Semen Zadikov, direttore generale di una grande impresa di produzione, ha dichiarato di conoscere i veri autori "di questa colossale canzonatura". Raccontò su Internet che la teoria di Fomenko "sarebbe stata inventata in pieno spirito goliardico da un’allegra brigata di giovani imprenditori e artisti nonconformisti, che avrebbero cucinato tutto, e inventato l’accademico Fomenko" (con il suo nome che risale forse a Tommaso l’Incredulo, visto che Tommaso è Foma in russo - EK). Si tratta di cinque ragazzi, racconta Zadikov, che avrebbero scritto tutti i libri attribuiti poi a "Fomenko" e spacciato loro amici per scienziati della scuola fomenkiana, con tanto di apparizioni televisive, conferenze, viaggi da un capo all’altro del Paese…
Un barlume di speranza! Ora si rivelerà il trucco, Fomenko svanirà come un incubo al risveglio e la ragione sconfiggerà l’oscurantismo... Ahimè, dopo una piccola ricerca su Internet rinuncio a scambiare lucciole per lanterne. Zadikov tenta di farci sorridere, ma la speranza è infondata, l’accademico Fomenko purtroppo esiste davvero, esiste con tutta la sua carriera di matematico, con le onorificenze accademiche, con i proventi editoriali e gli enormi diritti d’autore, esiste con tutte le sue manfrine, che non fanno che ingigantirsi sia in quantità che in popolarità...
Nel romanzo a cui tornano sempre le nostre riflessioni, Baudolino, Ottone dice al protagonista: "Con la legge non si può mentire" (sottinteso: con la Storia, probabilmente, si). "Se non hai altre notizie di questo regno, inventale. Rahewino non ha fantasia. Tu invece puoi immaginare ciò che non hai visto..."
In Russia con la legge si può mentire, eccome. La giustizia "è fatta come il naso: dove la porti, viene" - dice il proverbio. La Storia, invece, è intoccabile. È preconfigurata, imposta dall’alto, ed è sempre la stessa. Persino i folli Fomenko che apertamente la inventano, in fondo arrivano alla conclusione che tutto è uguale a tutto e che tutto è uguale ai prototipi: inventano la Storia per dimostrare che la Storia non è mai esistita.
Ci vorrebbe tanto tempo e tanti graduali décalages psicoideologici per giungere alla vera traducibiltà delle forme mentali del romanzo di Eco nella realtà culturale dell’attuale Russia. Tanto più stimolante, anche se ostico, è apparso questo compito alla traduttrice.