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Incontro tra Vladimir Sorokin ed Elena Kostioukovitch
di Jelena Zivkovic Frigo

Vladimir Sorokin, moscovita, è considerato uno dei più grandi scrittori russi contemporanei. È stato anche sceneggiatore, drammaturgo, grafico e librettista per il teatro Bolshoi, ma ha raggiunto successo in Occidente con il romanzo “La coda” (pubblicato in Italia da Guanda nel 2001, traduzione di Pietro Zveteremich), ed è stato definito dalla critica “Tarantino della letteratura post-sovietica”. Provocatore irriverente, nei suoi romanzi usa un lessico crudo e spregiudicato, che nel suo Paese ha provocato non poche polemiche.

Nella cornice del Palazzo Ducale, ha incontrato Elena Kostioukovitch, scrittrice, saggista e traduttrice russa. Insieme a Daniela Rizzi dell’Università Ca’ Foscari, hanno parlato di… tempeste di neve.

L’incontro è iniziato con la piacevole lettura dello stesso Sorokin di un brano di quel che lui definisce il “racconto lungo” e non romanzo, inedito in Italia, intitolato “La tempesta di neve”. Durante la lettura, scorreva la traduzione in italiano del brano di Emanuela Guercetti. Il racconto contiene tutti gli elementi classici dell’inverno russo mescolati alle trovate originali e grottesche dell’autore, come ad esempio la descrizione di cinquanta cavalli minuscoli, inserita nella storia come la cosa più ovvia del mondo, ma ci hanno detto che c’è anche un cavallo grande come un palazzo a tre piani.

Daniela Rizzi ci ha fatto notare che il racconto sembra una via di mezzo tra la rivisitazione del grande Tolstoj e un prodotto della creatività linguistica dell’autore ed Elena Kostioukovitch ha definito il tipo di scrittura di Sorokin “una variante ludica dell’immagine stereotipata della Russia”.

Vladimir Sorokin sabato 21 aprile al Palazzo Ducale

Lo stesso autore ha raccontato che nel suo paese passano secoli, rivoluzioni e guerre, ma l’idea della Russia resta tanto grande che anche “da un’idea all’altra ci sono mille chilometri” e che la lunga stagione fredda si può captare sempre e dovunque, ma si può capire meglio in provincia d’inverno, magari durante una tempesta di neve che, ha aggiunto, qui in Italia non sappiamo nemmeno cosa voglia dire. Persino suo nonno, guardia forestale – ha raccontato – che conosceva la foresta d’inverno e andava in slitta anche di notte, una volta si è perso durante una nevicata e ha dovuto tagliare la slitta e bruciarla per scaldarsi e aspettare la mattina per ritrovare la strada di casa.

La cosa buona – ha detto – è che durante i lunghi mesi invernali, quando nulla sembra muoversi, la gente va nelle librerie e compra i libri come fossero legna per scaldarsi.

Elena Kostioukovitch gli ha chiesto se ha notato che anche Putin nei suoi discorsi ha richiamato il “generale Inverno” che nel 1812 ha sconfitto i francesi e persino citato una poesia di Lermontov, e Sorokin ha risposto che l’utilizzo e la strumentalizzazione di queste immagini folcloristiche non è casuale. La storia è ciclica ed è fatta di cerchi che si ripetono. “Il passato, come un mostro, ha mangiato il presente e il presente ha mangiato il futuro”, ma come agli inizi degli anni Ottanta c’era la stagnazione totale e non si sapeva che sarebbero arrivati Gorbaciov e la Perestrojka, anche adesso non si può sapere dove sta andando il suo Paese, ma da qualche parte sicuramente arriverà.

In attesa della prossima edizione di “Incroci di civiltà” a Venezia e della traduzione del racconto “La tempesta di neve”, possiamo leggere gli altri libri di Sorokin già tradotti in italiano: oltre al già citato romanzo “La coda”, Einaudi ha pubblicato il libro “Ghiaccio” (traduzione di Marco Dinelli) e la casa editrice Salani “Russian Attack”, antologia di tre scrittori russi tra i quali Sorokin, tradotto sempre da Marco Dinelli.

E se i russi usano i libri come legna per scaldarsi d’inverno, noi potremmo usare le immagini della Russia coperta di neve per rinfrescarci sotto l’ombrellone.