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Elena Kostioukovitch è famosa come brillante traduttrice di Umberto Eco, ma anche come autore del libro "Cibo, felicita italiana". Nel 2014 è uscito il suo primo romanzo, tradotto da lei stessa. Si chiama "Sette notti" (Bompiani).

Il protagonista del libro — Viktor Zieman, quarantenne colto, poliglotta e un po' sciupafemmine, come archivista si specializza nel ritrovamento non solo di manoscritti perduti, falsificati, ma anche nella storia del passato del suo paese di nascita — l`URSS — e nella storia della sua famiglia. Il suo mestiere è salvaguardare la memoria, portare alla luce la verità. In un intervista a Sputnik Italia Elena Kostioukovitch ha raccontato i retroscena della scrittura del suo primo romanzo.

-Lei è più nota fra i lettori come traduttrice. Come mai ha deciso di scrivere un romanzo cosi fitto?

-"Già, traduco da sempre. Ho tradotto in russo i romanzi di Umberto Eco e soprattutto per questo probabilmente i nostri lettori riconoscono il mio nome. Qualche anno fa è sopraggiunta in me la fase della scrittura attiva, ma non ancora verso la narrativa come tale. Per cui ho fatto il mio primo approccio creando una grande ricerca sulla cultura del cibo in Italia, un libro che in Russia è stato pubblicato addirittura tre volte con tre case editrici diverse e si chiama "Cibo. Felicità italiana". Anche in Italia ha avuto varie versioni ed ora il mio libro è stato pubblicato da "Odoya" sotto il titolo "Perché' agli italiani piace parlare del cibo". Proprio scrivendo un libro di ricerca ho capito che proprio questo (come mi sembrava) è il passatempo più importante, più confortevole e ideale di quelli che abbia mai vissuto. Allora ho deciso di scrivere un romanzo che e` comunque una ricerca storica, una ricerca del passato, della mia famiglia e della verità come categoria filosofica. Il mio eroe è un ricercatore che mi assomiglia molto e lo considero una specie di alter ego. Studiando vari documenti e leggende, ovvero tutto quello che incontriamo quando ci avviciniamo ad un archivio lui, come me, aveva quella stessa ansia di non sapere dove sta la verità, perché i documenti comunque parlano fra di loro e l'unione delle versioni crea confusione ogni tanto. Il romanzo poi arriva a un conclusione: non importa quante cose tu riesca fare, quante versioni riesca ad affrontare, perchè anche attraversando la tua crisi umana e fisica, non riesci mai ad venire a capo del dilemma. Quindi, la verità assomiglia a un puzzle. Più cose sai e meglio capisci che non devi dichiarare mai niente con arroganza e prepotenza".

- Ha sentito l'influenza di Umberto Eco mentre scriveva questo libro?

- "Si, ho sentito l'influenza di Umberto Eco. E' dovuto al fatto che Eco non è uno scrittore che mi piace o non piace. Lui è stato in qualche modo materiale del mio lavoro per gli ultimi trent'anni. Questo è molto importante per riuscire a parlare con una certa voce che ti sembri giusta e buona per scrivere ed è questo ciò che io ho elaborato traducendo Umberto Eco. Lui fa parte della mia personalità e questa connessione inevitabilmente c'è. Quando Umberto Eco è intervenuto alla presentazione del mio romanzo "Sette notti" qui a Milano, con grande gusto e interesse mi ha chiesto: ma come mai qui c'è una cosa così simile a quelle che ho fatto anch'io? E io gli ho detto: ma ti rendi conto che l'ho fatto prima io? Io non ho copiato niente di ciò che Umberto Eco abbia fatto ma sono riuscita a prevedere, preconfigurare alcune piccole idee che solo dopo lui ha pubblicato nel suo nuovo libro. Ecco fino a che punto si riesce a entrare nell'ottica di una persona che si traduce".

- Victor è "malato" di memoria. Egli dipende dal suo passato. Alcuni dicono che le persone che vivono nel passato non hanno un futuro. Dall'altro lato, la memoria e' un grande dono, e non tutti noi ce l'abbiamo. Che rapporto ha Lei con la memoria?

Il protagonista di romanzo Victor è "malato" di memoria. Egli dipende dal suo passato.
- "Il mio eroe Victor è veramente malato di memoria. Nel senso che lui per la professione e l'inclinazione personale ha questa tendenza di immagazzinare nella testa molti dati, una grade quantità di idee, di considerazioni. Il problema è come gestirli. Probabilmente si tratta di una malattia, una nevrosi di cui soffrono gli intellettuali. Wikipedia è una grande memoria non personalizzata piena di errori e a portata di tutti. Il discorso è sempre cosa si riesca a fare con tutti questi dati.

Il mio rapporto con la memoria è emotivo. Posso dire che in un certo senso io sono sicura che solo l'approccio morale, un processo molto rigido, riesce ad aiutare un individuo ad andare avanti in questa selva di molti fatti e idee. Comunque, anche Dante Alighieri aveva lo stesso problema. Se prende la sua "Divina Commedia", vedrà che si tratta di un enorme compendio con una grandissima quantità di dati e solo con l'aiuto di Beatrice, di Virgilio lui in qualche modo va avanti. E' molto importante avere qualcuno e qualcosa che ti guida".

- Che sensazione ha provato mentre traduceva se stessa? C'era qualcosa che le ha apparso strano, irriconoscibile, qualcosa che forse voleva togliere?

- "Sicuramente, tradurre se stessa una delle torture più insopportabili che si possa inventare. E' già una cosa molto difficile tradurre un autore "estraneo", un altro. Vorrei sottolineare che la traduzione non esiste. Vorrei scrivere un libro con questo titolo proprio sulla scienza della traduzione, che io insegno da tutta la vita nelle varie università del mondo".

- Essendo anche un agente letterario, nel suo romanzo Lei ha guardato all'industria dall'interno. Ma il protagonosta del suo romanzo non solo compie una ricerca nel passato della sua famiglia, ma conduce una specie di inchiesta-giallo uguale a quello di Umberto Eco nel "Nome della rosa". Secondo lei il suo romanzo potrebbe diventare un film?

Si. Me lo hanno chiesto e me lo continuano a chiedere. Sto per concludere un contratto con un produttore internazionale per produrre un serial per la tv russa, ma non so ancora cosa ne verra fuori.