"Pressione ritmica/pressione emotiva nelle poesie degli cantautori.
Un testo di Bulat Okudzava, una canzone di George Brassens".
Pressione ritmica/ pressione emotiva: tecniche persuasive dei cantautori sovietici russi (analisi della Preghiera di Bulat Okudzava).

Quando i metodi delle scienze precise iniziarono a penetrare nello studio delle materie umanistiche, arrivò il momento magico della teoria della versificazione. In Russia il primo apice di questa ricerca fu raggiunto negli anni 1910 — 1920, quando fiorì la scuola formale e quando dalla pratica poetica del simbolismo russo emersero due celebri teorici del verso, Valerij Brjusov e Andrej Belyj. In questo momento, soprattutto grazie al contributo di Roman Jakobson, la teoria di versificazione divenne una scienza di pari importanza della linguistica strutturale.
Lo strutturalismo degli anni 1950-1960 segnò il secondo picco di qualità nella teoria di versificazione (il capostipite fu lo studioso di origine russa, di cui opere uscivano in lingue serba e inglese, Kiril Taranovsky).
Oggi la scuola di ricerca in Russia, capeggiata dal famoso esperto in tecniche poetiche, l’accademico Michail Gasparov (che è anche un celebre traduttore di testi poetici, anche dei capolavori italiani), studia la versificazione del tipo sillabo-tonico (russa, polacca, tedesca) (vedi NOTA 1)
. Studiando diversi campioni delle poesie sillabo-toniche, studiosi e poeti russi degli anni 20 (Andrej Belyj) e poi degli anni 30 (Roman Jakobson) in base ai calcoli statistici riuscirono ad osservare una certa uniformità delle soluzioni metriche e semantiche lì dove si era solitamente abituati a vedere soprattutto le varietà individuali. Jakobson, studiando il pentametro trocheico nel suo sviluppo durante i due secoli d’oro della poesia russa, rivelò che questa soluzione metrica veniva utilizzata molto spesso per raccontare il tema del lungo viaggio con lo sfondo di un’attesa tragica della morte... Così si stabiliva il nesso tra il metro e la semantica del verso. Sulla scia delle intuizioni di Jakobson si prese a lavorare negli anni 50 e 60 il geniale Kiril Taranovsky, che preferiva un’altra focheggiatura e riuscì ad andare oltre Jakobson.
Mentre Jakobson studiava la semantica del metro, Taranovsky ha dilagato la propria attenzione anche sul ritmo (l'aspetto che ci interessa maggiormente in occasione di questo convegno). Il ritmo traccia la fisionomia individuale di qualsiasi opera: infatti, essendo una vera emblema della semantica, il metro si realizza in ogni singola poesia tramite sequenze di concrete variazioni ritmiche. Ogni piede contiene un ictus, lì deve cadere l'accento e infatti lì l’accento cade nella maggior parte dei casi. Questo succede sempre nella lingua inglese dove tutte le parole sono corte; ma nel russo, dove le parole sono lunghe, gli ictus molte volte vengono saltati, perché la parola lunga occupa due o addirittura tre piedi e di conseguenza sul punto che deve essere accentuato in realtà l’accento non cade.
Le sillabe toniche e atone in questi casi non coincidono con posizioni metriche: forti o deboli. Di conseguenza in ogni verso si delinea un profilo ritmico irrepetibile, personale, che si ricorda bene e si crea uno specifico apres-gout del verso.
Il ricordo ritmico suggerisce un confronto tematico: in Russia esiste una forte tradizione della memorizzazione delle poesie. Già all’asilo oppure alla scuola elementare il maestro chiede agli alunni di imparare molti versi a memoria, e gli allievi devono cacciasi nella testa centinaia di versi, partendo delle primitive filastrocche e arrivando ai difficilissimi brani di prosa di Pushkin, di Gogol, tutto l’episodio della morte di principe Andrei dal romanzo di Lev Tolstoj Guerra e Pace. La scuola d’obbligo segue anche oggi questo metodo di insegnamento che fa tornare in memoria le università di Medioevo (vedi NOTA 2). Chi aveva studiato in base a questo modello, sa come si ricorda bene non solo il tracciato metrico, ma anche il disegno individuale ritmico del verso che magari sfugge dalla memoria. Le fisionomie individuali di ognuno di questi ricordi formano il complesso patrimonio ritmico che alla fine arricchisce la percezione oppure la creazione di qualsiasi nuovo materiale, suggerendo sottintesi quasi subconsci.
Indubbiamente è un meccanismo che funziona quando si affronta il compito della traduzione poetica. Siamo in due in questa sala a rappresentare la scuola della traduzione letteraria russa. Il professore Evghenij Solonovich, l’indubbio leader e decano della italianistica russa, poeta lui stesso, con cui sono sempre felice di parlare in un contesto comune. Lui è colui che ha tradotto centinaia di pagine di testi poetici, ha trovato migliaia di rime, inserite nelle precise soluzioni metriche e ritmiche. Anche io sono una empirista, ma traduco prevalentemente libri di narrativa. Tuttavia nelle occasioni di lavoro sulla poesia (che d’altronde quasi sempre coincide con un compito comune, con un obiettivo artistico proposto da Evghenij Solonovich, che si tratti dei versi di Giuseppe Giusti o dei versi di poeti moderni come Roversi e Pasolini, oppure di sonetti italiani), in ogni caso mi rendevo perfettamente conto che creando delle nuove poesie in russo per riprodurre l’immagine del originale italiano, scegliendo il metro, inventando la strofe, trovando il tipo della rima, inevitabilmente affronto un altro difficile enigma: quali saranno i ritmi all’interno di questa gabbia? Quali saranno questi miei ritmi, dettati dalla sintassi russa, ritmi che compatibilmente alla necessità di ficcare in una precisa riga delle precise parole con il determinato significato, mi arrangeranno anche, mi sistemeranno anche nel modo dovuto questi sottofondi ritmici della memoria storica del verso russo?
Semantica del metro nelle traduzioni: parlando del verso russo, qui affronto un tema che da un tempo mi sembra affascinante e pochissimo studiata. Infatti, il verso russo può costruito fatto in tal modo che manterrà l’accento inglese, l’accento polacco, l’accento tedesco. Il verso russo, quando dal punto di vista semantico affronta temi che riguardano le rispettive culture nazionali, spesso anche al livello formale contiene elementi che riportano all’Inghilterra, alla Polonia, alla Germania... e naturalmente all’Italia.
Nella prassi empirica ognuno di noi ha dovuto ricostruire qualche volta questo effetto, e molte volte in modo complesso: traducendo Il nome della Rosa, dovevo ricostruire l’Italia molto poco italiana, l'Italia piuttosto inglese. Non e’ strano: il protagonista era il ritratto del personaggio di Konan Doyl. Nell’Isola di giorno prima le corde italiane dovevano essere toccate in parallelo alle corde francesi, l’attenzione era proprio quella di non premere troppo sull’italianità. Mentre in Moravia, che sto traducendo attualmente, oppure nelle poesie di Giuseppe Giusti il colorito italiano poteva e anche doveva, dal punto di vista ideologico, uscire sul primissimo piano.
E’ abbastanza evidente che questo effetto può essere ottenuto al livello fonetico, lessico, onomastico, onomatopeico, senz’altro al livello metrico: è comprensibile a quale cultura accenna l’esametro, la ballata oppure il verso alessandrino. Ma giocando sui ritmi si riesce ad ottenere ancora di più! Giocando sui ritmi si riesce a toccare le corde psicofisiologiche della memoria individuale e della memoria generazionale,oppure avvivare certi motivi nella memoria comune dei gruppi sociali.
E’ chiaro che volendo dimostrare come funziona questo meccanismo di memoria ritmica collettiva, è impensabile trovare miglior materiale delle opere dei cantautori (vedi NOTA 3). Ho scelto un esempio, una canzone quasi a caso. Analisi simili, con risultati sempre nuovi, potremmo fare su qualsiasi componimento in versi dei poeti russi degli anni 60/90 che recitavano le proprie liriche sia davanti alle sale piene, magari nei stadi, sia per motivi politici davanti ai pochi amici nelle case private. Ma le loro recitazioni venivano registrate sui nastri magnetici, che poi, moltplicati ad oltranza, circolavano in migliaia, se non in milioni di copie.
Così nasceva un curioso fenomeno: la memoria ritmica di una certa esibizione, con tutti i detagli, forse addirittura con colpetti di tosse, note stonate, difetti spontanei, - diventava patrimonio comune di una grande massa di utenti. Infatti, ora nel mio esempio vi presenterò non solo il materiale che possiede una certa fisionomia ritmica, ma anche due versioni dello stesso pezzo cantate dallo stesso cantautore, ma con un colorismo del tutto diverso.
Esempio carismatico: Okudzava.
Ho scelto Bulat Okudzava. E’ uno dei tre più famosi poeti (Vysockij, Galich, Okudzava) mitici, cantautori e monumenti del ventesimo secolo: nato nel 1924, scrisse 20 libri di narrativa, saggistica e libri di memorie, 10 libri di poesia. Un libro di Okudzava esiste anche in italiano, è curato dal professore Gian Piero Piretto. Nella prefazione il prof. Piretto scrive: “Mosca e il pubblico sovietico hanno sempre manifestato al poeta la stima e la considerazione che oggi, ufficialmente, gli sono tributati. I suoi versi per anni circolarono manoscritti, le sue canzoni incise con difficoltà su cassette, difficilmente reperibili, duplicati a oltranza”. All'estero l'Italia dopo la Francia fu la prima a premiarlo. Il club Tenco di San Remo gli conferì nel 1985 il premio del cantautore del anno. Il primo suo long play era registrato dalla ditta discografica Le chant du Mond a Parigi nel 1968. La pubblicazione all’estero portò una disapprovazione del regime sovietico. In ogni caso la fama internazionale di Okudzava cominciò a Parigi e a Parigi la sua vita era finita: lui è morto il 12 luglio 1997 a Parigi in un ospedale militare.
Proviamo dimostrare come si può far funzionare il ritmo suscitando nella memoria certi ricordi che riportano a un’altra identità nazionale. Okudzava adoperava certi strumenti per plasmare una Russia un po’ francese. Il suo nativo arrondisement di Mosca, Arbat, nei suoi versi diventava un po’ parigino. Il fascino di Okudzava era quello di un chansonnier, di chiaro stampo francese.
Esaminiamo una delle sue creazioni più conosciute: Finché la terra gira ancora... (vedi NOTA 4)
Finché la terra gira ancora,
Finché la luce é ancora forte,
Signore, dai a ciascuno
quello che non ha:
All'intelligente dai la testa,
Al codardo un cavallo,
A chi è felice dai il denaro...
E non dimenticarti di me.
Finché la terra gira ancora,
Signore, è tuo potere!
Dai all'ambizioso
potere a sazietà,
Concedi respiro al generoso,
Almeno fino al tramonto,
a Caino dai il pentimento...
E non dimenticarti di me.
Lo so: tu tutto puoi,
Io credo nella tua saggezza
Come crede il soldato morto
di risiedere in paradiso,
come crede ogni orecchio
Ai tuoi discorsi pacati
come crediamo noi stessi
senza capire ciò che facciamo.
Signore, mio dio
tu mio dagli occhi verdi,
finché la terra gira ancora,
e lei stessa se ne stupisce,
finché le bastano
tempo e fuoco,
a tutti dai qualcosa
e non dimenticarti di me.
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Molte volte questa poesia/canzone viene nominata con il titolo La preghiera. Il titolo dato dall'autore a questa opera è conosciuto, ma molto meno dei due precedenti: La preghiera di François Villon (vedi NOTA 5). Penso che gli utenti comuni non sapranno spiegare il nesso tra Villon e questo testo.
Pubblichiamo la scheda della nostra un'analisi ritmica e metrica: non da' risultati nitidi:
1) Trascrizione fonetica pokA zemljA esho vErtitsja pokA esho jArok svEt
1) Traduzione in italiano Finché la terra gira ancora, Finché la luce è ancora forte,
1) Trascrizione ritmica ˘' /˘' /˘x/'˘˘ ˘'/ ˘x/' ˘/'
1) Scheda metrica ˘'(˘) /˘'(˘)/(')'˘ /x ˘'˘ /x'˘ /(˘)' trimetro anfibraco
1) Arrangiamento per guitarra Am E7 Am
1) Cadenza ! o ! o ! o o | o ! o ! o !
1) Prototipo metrico xxx' (˘) | (x)xxx ˘' (˘) decasillabo francese medievale/alessandrino
2) Trascrizione fonetica gOspodi dAj zhE tY kAzhdomu cevO U nevO nEt
2) Traduzione in italiano Signore, dai a ciascuno Quello che non ha:
2) Trascrizione ritmica '˘˘/ x/ x/ x/ '˘˘ ˘'/x/˘x/'
2) Scheda metrica (˘)'˘/˘'˘/˘'˘/˘ ˘'x/˘'(˘)/(˘)' trimetro anfibraco
2) Arrangiamento per guitarra C G7 C
2) Cadenza ! oo ! o o! o o | o ! o o !
2) Prototipo metrico xxx' (˘) | xxxx ˘' (˘) decasillabo francese medievale/alessandrino
3) Trascrizione fonetica Umnomu dAj gOlovu truslIvomu dAj konjA
3) Traduzione in italiano All'intelligente dai la testa, Al codardo un cavallo,
3) Trascrizione ritmica '˘˘/ x/ '˘˘ ˘'˘˘/ x/˘'
3) Scheda metrica (˘)'˘/˘'(˘)/(˘)'˘/˘ ˘'˘/˘'(˘)/˘'
3) Arrangiamento per guitarra A7 Dm H7 E7
3) Cadenza ! oo ! ! o o | o ! oo ! o !
3) Prototipo metrico xxx' (˘) | xxxx ˘' (˘) decasillabo francese medievale/alessandrino
4) Trascrizione fonetica dAj schastlIvomu dEneg I nE zabUd' prO menjA
4) Traduzione in italiano A chi è felice dai il denaro... E non dimenticarti di me.
4) Trascrizione ritmica '/˘'˘˘/'˘ '/˘/˘'/˘/˘'
4) Scheda metrica (˘)'(˘)/˘'˘/˘'˘ (˘)'(˘)/˘'˘/˘' trimetro anfibraco
4) Arrangiamento per guitarra Am Dm E7 Am
4) Cadenza ! o o o ! o | o o o o o o !
4) Prototipo metrico xxx' (˘) | xxxx ˘' (˘) decasillabo francese medievale/alessandrino
Nella poesia scritta o recitata russa né il metro né il ritmo non hanno carattere mensurale, ma l’effetto si basa sull'alternanza ordinata di sillabe toniche e sillabe atone (tesi e arsi). Nella poesia cantata l'effetto si basa non tanto sul numero delle sillabe e sugli accenti (metro) quanto sulla lunghezza delle vocali accentuate. Nella poesia di Okudzava osserviamo quindi quasi un ritorno alla poesia latina che si basava sulla quantità delle vocali e la loro lunghezza. Comunque questa è la specificità che fa tornare la poesia dei cantautori alle fonti della poesia latina: il risultato per noi prezioso era che la ricerca non ha fornito risultati nitidi! Dobbiamo scartare persino l’ipotesi logaedica, perché non si trova nessuna regolarità anche ammettendo all’interno di ogni verso la coesistenza di svariati metri.
Applicando qua e là numerosi protesi ritmiche (come se ci fossero molte aferesi, apocope e sincope), questo metro si lascia riportare al canone di trimetro anfibraco. E’ un canone metrico che Okudzava adopera volentieri. Infatti, esaminaimo una recita, eseguita dall’autore, della poesia Parigi, un bel trimetro anfibraco. Ma La preghiera di Villon non era destinata ad essere letta o recitata, doveva essere cantata! Analizzando la poesia cantata, logicamente prendiamo in esame anche la cadenza dell’accompagnamento musicale, della musica che in casi estremi può essere sostituita da una specie di plessimetro(vedi NOTA 6) .
Am Е7 Am
I.Пока Земля еще веpтится, пока еще яpок свет,
C G7 C
Господи, дай же ты каждому, чего у него нет.
A7 Dm H7 E7
Умному дай голову, тpусливому дай коня.
Am Dm E7 Am
Дай счастливому денег, и не забудь пpо меня.
Il contrappunto delle tre sequenze toniche (metro, ritmo, cadenza) crea schemi ancora più ricche di quelle dei versi recitati. Infatti, la dicotomia “verso tonico/atono” diventa stereofonica unendosi alla dicotomia “verso lungo/ breve”. Analizzando la tripla tensione tra 1) metro preconfigurato, 2) il ritmo individuale sintattico e 3) cadenza del testo cantato, vediamo che Okudzava risale al verso liturgico medievale antifono, in cui si presentavano ancora le oscillazioni tra il principio sillabico della misurazione del verso in base alla quantità delle sillabe e il principio tonico della misurazione del verso in base al numero delle parole.
Procedendo nella nostra analisi, vediamo che probabilmente il verso antifono appare nella memoria dello stesso poeta nella sua veste francese, la veste del undeca/decasillabo ( in cui sempre e indipendemente, anche se la rima è piana o è tronca o è sdrucciola, non si prende in considerazione il numero di sillabe dopo l'ultimo accento tonico).
Prototipo francese: considerando l'affinità di titoli e dei messaggi, paragoniamo Okudzava a Brassens. Ritmi, come noi abbiamo già detto, si abbinano sempre ai ricordi di intonazioni concrete. Prendiamo ora in esame una famosa canzone di Georges Brassens, che d’altronde si intitola La priére, ed è ricca di temi che poì rimbombano nei versi di Okudzava, e ritmicamente e foneticamente ha molte affinità con il testo di Okudzava(vedi NOTA 7) .
George Brassens
La priére
Paroles: Poeme de Francis Jammes
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Par le petit garçon qui meurt près de sa mère
Tandis que des enfants s'amusent au parterre ;
Et par l'oiseau blessé qui ne sait pas comment
Son aile tout à coup s'ensanglante et descend
Par la soif et la faim et le délire ardent
Je vous salue, Marie.
Par les gosses battus par l'ivrogne qui rentre,
Par l'âne qui reçoit des coups de pied au ventre
Et par l'humiliation de l'innocent châtié,
Par la vierge vendue qu'on a déshabillée,
Par le fils dont la mère a été insultée
Je vous salue, Marie.
Par la vieille qui, trébuchant sous trop de poids,
S'écrie : "Mon Dieu ! " Par le malheureux dont les bras
Ne purent s'appuyer sur une amour humaine
Comme la Croix du Fils sur Simon de Cyrène
Par le cheval tombé sous le chariot qu'il traîne
Je vous salue, Marie.
Par les quatre horizons qui crucifient le Monde,
Par tous ceux dont la chair se déchire ou succombe,
Par ceux qui sont sans pieds, par ceux qui sont sans mains,
Par le malade que l'on opère et qui geint
Et par le juste mis au rang des assassins
Je vous salue, Marie.
Par la mère apprenant que son fils est guéri,
Par l'oiseau rappelant l'oiseau tombé du nid,
Par l'herbe qui a soif et recueille l'ondée,
Par le baiser perdu par l'amour redonné,
Et par le mendiant retrouvant sa monnaie :
Je vous salue, Marie.
E’ pressapoco identico il disegno ritmico dei ritornelli nei due testi paragonati:
Je vous salue Marie
I ne zabud’ pro m-nja
Okudzava con il suo rimando (nel titolo della poesia/canzone) a Villon crea un diffuso riferimento alla cultura francese in senso lato, in fattispecie a Georges Brassens; Brassens per lui e' un ponte che lo conduce a Villon. Praticamente Okudzava intitola la poesia Villon intendendo dire Brassens. A maggior ragione che Brassens e Villon sono nomi molto apparentati. Brassens citava spesso Villon e cantava molte sue poesie: Mais ou sont les neiges d'antan, Gros Margot ecc. Anche la maschera del voyou, (je suis la mauvais herbe, brav gens...), che è diventata l’alter ego di Brassens, risale al prototipo di François Villon...
Parallelismo con Villon visto tramite Mandel'stam. Nel contesto russo il tema storico e letterario di Villon (vedi NOTA 8) subito rimanda al saggio di Osip Mandel’stam (vedi NOTA 9) . Nel periodo quando scriveva Okudzava - anni 60 - Mandel’stam fu messo all’indice dagli ideologi del partito, e quindi il solo rimando a lui diventava una bravata.
Il famoso saggio François Villon di Mandel’stam (citerò nella traduzione di Angelo Maria Ripellino (vedi NOTA 10)) comincia dalla dichiarazione che “Villon ritornò come cometa nella persona di Verlain”, che questi due poeti creano quasi la stessa immagine in veste diversa, e Mandel’stam apertamente invita a confonderli, contribuendo così alla creazione del grande metatesto della Francia nella poesia russa in cui si confondono opere e autori: “Gli astronomi sanno prevedere il ritorno di una cometa, rispetto a Villon la comparsa di Verlain è appunto un prodigio astronomico di questo genere... Se Villon avesse mai saputo esprimere il proprio credo poetico, avrebbe senza dubbio esclamato come Verlain: Du mouvement avant toute chose!”
Credo che l’accento psicologico sull’idea di movimento, inserito nel metatesto francese, cucinato con la salsa di ritmi vaghi e indecifrabili, ma magicamente francesi, assieme a un altro tema basilare per “La Francia russa” - l’idea della dignità e della tolleranza, - contribuì massimamente all’assetto del testo emblematico di Okudzava, La preghiera di François Villon. Mandel’stam scrive poi: “I due testamenti di Villon, questa sagra dei meravigliosi ritmi, di cui alcun paragone non conosce la poesia francese anche al giorno d'oggi. La ritmica mirabile con i suoi funambolismi da bilboquet e le sue lentezze da litania religiosa...”
Un’altra citazione: “L'uomo che si considerava parte integrante dell'universo, altrettanto necessario e legato alle altri parti, quanto lo è ogni singola pietra delle architetture gotiche che sostiene con dignità la pressione delle pietre vicine e di considera una posta importante del gioco generale delle forze. Servire per un individuo di tal fatta non significava necessariamente essere utile per il bene comune... Un uomo medievale considerava servizio e addirittura impresa eroica il semplice fatto della propria esistenza. Villon due volte ricevette il perdono (Lettres de remission) da parte dei re della Francia, Carlo VII e Luigi XI. Villon era convinto che la lettera uguale gli dovrebbe arrivare anche da parte di Dio, e dentro ci sarà il perdono di tutti i suoi peccati... Fermentava nel suo animo una sensazione selvaggia e profondamente feodala, che esiste un Dio sopra il Dio...”
Villon diventa emblematico in questo contesto perché è un barbone = archetipo del poeta senzacasa, di un dissidente; perché tradotto a suo tempo da Mandel'stam; perché prototipico per Brassens. Ma Okudzava non si delimita solo a riportare elementi del “metatesto francese” della poesia russa. Okudzava cita anche sia le parole che i ritmi di alcuni brani delle traduzioni di Villon in russo, fatte da Ilya Erenburg (La supplica dei defunti - Ballata degli impiccati, che io citerò nella traduzione del grande amatore di Villon in Italia, Fabrizio De Andre. Fratelli che vivi uomini siete, / abbiate verso noi pietoso il cuore; / ché se pietà di noi miseri avrete, / avrà pietà di voi, meglio, il Signore. Nella "Ballata degli impiccati" "non è più colpevole, giustamente o ingiustamente punito, ma diviene un'allegoria, come la carta dei Tarocchi, il simbolo della condizione umana, sempre sul bordo del male e della morte" - scrive Osip Mandel’stam.
La preghiera che invoca pietà per tutti, con meticoloso elenco dei destinatari; è la formula della Priére di Brassens e della Preghiera di Okudzava. Vista nella chiave politica e ideologica, una tale posizione rappresentava un passivismo molto criticato negli ambienti russi dissidenti e libertari. Infatti, all’avviso di molti intellettuali, i vari “Caini” della Russia Sovietica degli anni ‘60 (e su questo concordavano il celebre Vysockij e il geniale Galich), non meritavano nessuna pietà, nessun perdono. E’ molto più tardi, nel 1987, quando venne la “perestrojka”, la parola Penitenza (vedi NOTA 11) diventò una specie di parola d’ordine. Negli anni Sessanta c’era un’alta conflittualità nella società russa sovietica e della pietà, della penitenza, della compassione non si poteva neanche parlare.
Conseguentemente non sembra strano che metricamente e ritmicamente questo messaggio si camuffava nella veste “forestiera”, ricorrendo ora al colorito francese, ora al colorito georgeano, come succedeva in alcune altre canzoni di Okudzava). Questo messaggio si nascondeva dietro la plasticità del metro indecifrabile, dei ritmi fluidi e confusi, e ricorreva anche all’apparato lessico religioso, senza connotati di una reale fede. La fede non è tipica per l’immagine di Okudzava uomo e di Okudzava poeta (vedi NOTA 12). In tal modo, fuori dai valori cristiani e cattolici, è ancora più notevole che Okudzava, cantore delle libertà, accolto dal numeroso pubblico come profeta e portatore dei valori quasi mistici - questo Okudzava carismatico riusciva a superare certi cliché d’obbligo per un eroe degli anni Sessanta, e tra l’altro si permetteva di non essere un dissidente.
Piretto: “... Okudzava non è mai stato dissidente. Anche quando gli organi ufficiali della cultura non avevano ancora capito il valore della sua poesia, la sua protesta si manifestava sempre con quella dignità e quel distacco che solo chi è cosciente della propria responsabilità di intellettuale e poeta sa affrontare...” (vedi NOTA 13)
Nella nostra poesia di Bulat Okudjava, stilizzata come una traduzione tratta dalle liriche di François Villon, l’analisi del triplo rapporto metro/ritmo/cadenza riesce a individuare rimandi ai testi di George Brassens: una chiave di lettura del contenuto, traduzione interculturale come un doppio emblema della tradizione della tolleranza e della libertà.
FINE INTERVENTO
NOTA 1
Sappiamo che, mentre la metrica tonica misura il verso in accenti, cioè focalizza innanzitutto il numero delle parole in ogni verso singolo, e il sistema sillabico focalizza il numero di sillabe; la metrica sillabo-tonica quantifica il verso nei termini dei “piedi”.
NOTA 2
Aggiungiamo che fino all’ultimo tempo la capacità dell’individuo di citare lunghi brani poetici (magari brani di versi proibiti dalla censura) veniva considerata un elemento di gran prestigio nelle compagnie scolaresche, studentesche oppure tra i colleghi di lavoro.
NOTA 3
Questo materiale dà delle ottime possibilità per studiare METRO / movimento prosodico/ sillabico. RITMO/movimento accentuativo/ sintattico e CADENZA (movimento quantitativo/musicale. Alternanza di pausa e battuta nello svolgimento temporale di un ordine. Aristotile lo definiva "un ordinamento di tempi" (Dell'arte poetica). Platone parla di un ritmo del corpo nella danza, di una armonia regolata da movimenti lenti e veloci (Fedro). Ritmo, dice Cicerone interessato alla percussività del verso (Dell’Oratore, III) - si manifesta quando possiamo notare le gocce che cadono, perché gli intervalli sono distinti; e non in un fiume che precipita. Nella poesia cantata la cadenza è un movimento regolare di battute e di pause, di arsi e di tesi; gli accenti primari e secondari compaiono nel verso alternati a una sospensione che non è silenzio, vuoto, ma attesa della parola e dunque, ugualmente, ritmo.
NOTA 4
Bulat Okudzava. Arbat, mio Arbat. Poesie. Milano, Guerini e Associati, p. 114. Traduzione di Gian Piero Piretto (qui cito con alcune mie piccole revisioni. - E.K.).
NOTA 5
Il titolo della prima pubblicazione che è del 1963: A Olja (moglie)
NOTA 6
Alessandro Galich non sapeva suonare la chitarra e otteneva il ritmo battendo il pugno sul tavolo.
NOTA 7
Nel caso della poesia francese nascono delle matte aritmie (così le definiva Attilio Bertolucci). Sono disturbi del ritmo in cui, in una manciata di secondi, si consuma la sua terribile extrasistole che è anche un momento estremo della verità. "Lo dimostra la benedetta sospensione dell'extrasistole, nel verso come nel cuore; salutare avvertimento sul fatto che morte e perfezione sono una cosa".
NOTA 8
Villon equivale nel immaginario russo Ai simboli della “libertà” e della “Francia”. La sua biografia è conosciuta bene. François de Montcorbier Villon nasce in Francia nel 1431 da famiglia poverissima. Viene adottato dal canonico Guillaume che lo inizia agli studi. Diviene maestro in arti e scrivano nell'ambiente ecclesiastico e giudiziario, ma appena libero da impegni, non disdegna di frequentare gli emarginati di Parigi, e di quelli adotta lo stile di vita. Nel 1455 è costretto a lasciare Parigi perchè ferisce a morte un prete durante una rissa per questioni di donne. Ritorna l'anno successivo, dopo aver ottenuto la grazia, ma, avendo partecipato ad un furto al collegio di Navarra, deve di nuovo fuggire. Mentre si prepara alla fuga (1456) compone il Lais o Piccolo testamento. Arrestato e incarcerato a Meung-sur-Loire (1461), viene condannato a morte ma riesce a far tramutare la pena in esilio. Scrive il Testamento detto anche Gran testamento. Nel 1489 appare la 1'edizione delle sue opere. Esse comprendono anche una quindicina di componimenti, alcuni dei quali si riferiscono al processo del 1462-63 (ad esempio la Ballata degli impiccati). Dopo il 1463 di lui si perde ogni traccia. Le nostre citazioni risalgono a: François Villon, Poesie; Milano, Feltrinelli; trad. di Luigi de Nardis.
NOTA 9
Mandel’stam Osip (1891 - 1938) con le raccolte di versi Pietra (1913) e Tristia (1922) fu uno dei più importanti rappresentanti dell’acmeismo. Successivamente entrò in contrasto con il regime stalinista: fu arrestato piщ volte per attivitа antisovietica, morì nel GULAG.
NOTA 10
Mandel’stam, La quarta prosa, Roma, Editori Riuniti, 1982, p. 122 sgg.
NOTA 11
(così si intitolava il famoso film di Abuladze, georgeano come Okudzava: la prima opera di una nuova arte postsovietica).
NOTA 12
Dio e sentimento religioso come sostituzione del messaggio politico:
Siamo d’accordo con Gian Piero Piretto che scrive: “Il Dio di Okudzava, quello che è presente di nome e di fatto in molte delle sue poesie, è un Dio personale, speciale, non identificabile con quello di una religione in particolare. Okudzava si dichiara ateo, ma indulge spesso a dire il nome di Dio, a riconoscere un'entità naturale suprema che regoli e consoli gli uomini. Termini quale religione, preghiera, vocazione, signore dei cieli si incontrano spesso nei suoi versi e gli hanno valso all'inizio della sua carriera non pochi problemi da parte di una censura ignorante e cieca...”
NOTA 13
Aggiungo che con l’andare degli anni, con l’accumularsi delle delusioni che provocava la Russia postsovietica, anche nella mentalità di Okudzava ha cominciato a traballare questa fermezza della tolleranza, dello stile morbido, della fluidità. Casualmente abbiamo l’occasione di osservare questo processo sul materiale sempre dello stesso pezzo poetico che stiamo oggi analizzando in tutti i modi. Sentiamo ancora la voce del poeta al suo ultimo concerto, registrato sempre a Parigi, la città della sua vita, poche settimane prima della morte. Noi vediamo che qui manca l'intonazione di ritmo francese e di fluidita, qui nascono versioni quasi recitate (ma il ritmo non soddisfa alle aspettative metriche e l'effetto è solo fastidioso).